mercoledì 24 dicembre 2008


Sarà un bellissimo natale.
Di lucine intermittenti e strette di mano.
Bacetti sulla guancia,
barbe rasate,
dopobarba e colonie prezzate.

Di regali dell'ultimo momento,
di libri incartati e richiesti,
di ciondoli che si muovono come gambe nervose,di attese che manca il respiro.

Sarà il solito bellissimo natale.
Di gente che corre,
frenesia riflessa nelle vetrine.
Delle solite cose che mancano e te ne rammenti solo aprendo la credenza.

Di occhi senza macchia che non conoscono tristezza
che si rallegrano ad ogni scampanellìo.
Porta che si apre, sorriso che entra.

Porta che si apre.Lui che sorriderà aspettando che le arance si trasformino.
Io che morirò minuto dopo minuto.
Quando sarà ineluttabile che non verrò ad aprirti la porta.
Quando piangerò senza vergogna ma celandomi doverosamente.
Quando saremo tutti seduti.
Calici che tintinnano.
Tovaglia quella buona.
Candele profumate.
Io ti cercherò comunque.

Sarà un bellissimo natale.
I doni ammassati sotto l'albero.
Soliti film conosciuti a memoria o canzoni che girano dolci.
Noci schiacciate solo per golosità, una contro l'altra.
Bicchieri svuotati e notizie di seconda mano.

Sarà la solita sorpresa del ritmico alternarsi di piatti.

Io ti cercherò tra le pieghe del divano,
nelle tasche dei jeans,
dietro lo stelo della luce grande.
Io aspetterò un segnale,
un movimento inconsueto,
liberatorio,
un'immagine che rivela,
che forse, definitivamente, svela.
Io ti cercherò nella sua voce e penserò che mi siedi accanto,
o in grembo e che mi guardi silenziosa e tenera.
Come sempre.
Io ti cercherò nei riflessi inaspettati,
nelle pause necessarie.
Dio, come mi mancheranno i tuoi occhi,
quel verde scintillante che mi calmava come acque di laguna,
gioioso ed inquieto.
Dio, come mi mancheranno i tuoi occhi che erano sempre una parola buona,
un abbraccio sincero,
una via di fuga,
un punto certo,
un ritorno agognato.

Sarà un bellissimo natale.
Di attimi scanditi ed esclamazioni ed apprezzamenti.
Di grazie forzate o sentitamente sincere.
Di pensieri che volano via leggeri, rimandati.
Di cose da fare, programmare, cestinare, accantonare.

Non smetterò un solo istante di reclamarti, d'invocarti,
di maledirmi, di insultarmi,
di volerti bene,
di piangere.

giovedì 18 dicembre 2008

Averti fra le braccia - Tenco


Averti fra le braccia è un desiderio

che invano cerco di dimenticar

sentirti mia per sempre è come un sogno

e ovunque la tua immagine m’appar,

Sei per me la sola donna

e voglio amarti per l’eternità.

Risento come musica divina

la voce tua nel sussurrarmi "t'amo".

Averti fra le braccia è un desiderio

un sogno che in eterno resterà

ed il sogno sarà una dolce realtà

finché il nostro amore vivrà.

sabato 13 dicembre 2008

Il sugo è poco

Apro gli occhi. Le quattro e dieci.
Definitivamente mi alzo.
So già qual'è il mio posto.
Libro, orologio.
Telefonino che illumina il percorso ad ostacoli fra giocattoli e passeggino.
Divano e luce piccola.

Ritiro 150,00 euro e noto che cinquanta sono in pezzi da dieci.
Mi dice grazie, il solito grazie sospeso fra gratitudine e mortificazione.Direzione pizzeria.
Le ciambelline non ci sono quindi spende solo un euro per la pizza bianca a striscioline per Matteo.
Poi ci dividiamo: noi per via delle Baleniere verso casa, lei per via delle Gondole verso l'ultimo domani.
Il sorriso suo come un fotogramma, tatuato nella memoria, inchiostro eterno.
Guardo l'albero di Natale. Il libro l'ho appena terminato. Il giorno in più. Niente di che, anzi potevo farne a meno di frasi fatte e luoghi comuni.
Non so perchè l'albero di Natale mi pare bello solo illuminato.
Così, nella luce bianca della lampada, mi viene voglia di buttarlo giù a calci.
Mio padre insiste con l'oro del monte dei pegni.
Dice che ci deve essere in casa o perduta una polizza che vuole riscattare. Ne è certo perchè Flo gli ha detto che lunedì aveva dato a mamma 50 euro per rinnovarla.
...
Sono le sei della sera ed ormai ho paura ad uscire. Sono incazzato con Alessia perchè fa tardi ma non è colpa sua. Sono incazzato perchè mi costringo a fare una cosa che mi addolora.
Ma gli ho promesso che gli avrei portato la pizza bianca.Ho cucinato pure un pò di sugo all'amatriciana.
Ecco, poi dici che superi: cucinare è un attentato alla mia stabilità mentale.
Tutto quello che so fare l'ho appreso da lei.

Eccola.
Posso andare.
Prendo il sacchetto col sugo e un euro spiccio.

Non lo so, probabile che siano solo ripetute coincidenze, ma tutte le volte che vengo a casa sua trovo il portone accostato e l'ascensore aperto al piano.

Comincio a rovistare nei cassetti che un giorno furono miei alla ricerca di una cosa che nella mia testa non esiste.
Mio padre dice che se la sarà persa, e allora perchè non mi risparmi 'st'atrocità?
Mia madre non perdeva le cose.Primo cassetto a sinistra: dietro le vecchie cartoline buste da lettera piene di bollettini pagati, Findomestic o Santander, quand'eravamo poveri, ricordi Mamma? e prendevamo i soldi in prestito io e te...
Primo cassetto a sinistra: ci sono fogli che non conosco che nascondono un pacchetto.
Mi viene da urlare.
Invece scoppio a piangere.
I braccioli per il mare dei Gormiti.
Quelli per il viaggio che avrebbe pagato lei la prossima estate in Grecia.
Quelli per i primi tuffi nell'acqua alta di Matteo.

Mi fa notare che il sugo è poco. E ti pareva che andasse bene qualcosa.
Perchè bestemmi? Lo dice mentre già metto i piedi fuori di casa.
Perchè voglio mia madre.
Non lo capisce.
Non ci faccio caso ma l'ascensore è di nuovo aperto al piano.Caracollo verso l'uscita piangendo. E' un pianto disperato che spera di incrociare lo sguardo altrui: tutti devono sapere che voglio mia madre.

Mi lavo il viso come fanno i gattini con una lacrima d'acqua.
Piscio cercando di non cogliere il centro per evitare di svegliarli.
I pensieri più belli mi salgono quando faccio cose normali.
Mi sento bene quando loro dormono ed io sono sveglio vicino a loro.

Sono le sei e diciotto, posso uscire.La luna esplode dietro gli alberi, sopra l'edicola illuminata.
Mi domando se ha trovato il resto dei soldi di quel lunedì o se mamma s'è persa pure quelli...

sabato 6 dicembre 2008

Novembre, ti lascio.

La morte non è niente.Sono solo scivolato nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce,non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Che cos'è la morte, se non un accidente trascurabile ?Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

venerdì 5 dicembre 2008

Ho sentito

Ho sentito:

ti mando un abbraccio
io sono qui
per qualunque cosa tu abbia bisogno sono qui
chiama se ti serve qualcosa

come è successo?
io l'ho incontrata stamani
stava bene...
al prossimo giro

la morte è una cosa naturale
cazzo, nun ce se pò crede

devi andare avanti
hai una famiglia, pensa a loro
devi essere forte
devi avere coraggio
trova la forza negli occhi di tuo figlio

la vita continua
show must go on

non ti buttare giù
cerca di dormire
cerca di mangiare
sei dimagrito

ed ora tuo padre?
c'è una stella in più in cielo
sta meglio lei adesso che noi qui
lei è sempre con te
lei ti è vicino
lei non vorrebbe vederti piangere

è diventata l'angelo custode di tuo figlio
se non c'è lei in paradiso vuol dire che non esiste paradiso
tu almeno le sei stato sempre vicino
avevo come dei flash in cui ti vedevo piangere

condoglianze
sappi che io ci sono
ti telefono
ti abbraccio

mercoledì 3 dicembre 2008

Stanotte


T'ho sognata stanotte.
Eravamo seduti su di un divano cremisi ed io piangevo.
Sommessamente.
Sulla tua spalla.
La televisione gracidava piano con luci e colori intermittenti.
Tu mi accarezzavi la mano mentre trattenevo singhiozzi.
Poi mi hai abbracciato.
Il profumo della tua pelle sulle mie guance.
Il morbido dei polpastrelli ad asciugare il dolore sulle palpebre, sugli zigomi, intorno alle labbra.
Dolcemente.
Ho baciato la tua guancia.
Uno, due, tre, quattro morbidi e piccoli baci.
Mi hai lasciato fare.
Poi la fronte e poi di nuovo la guancia.
Mi tenevi la mano.
Dolcemente.
La labbra socchiuse.
Hai detto no.
Mi hai abbracciato più forte.
Il profumo della tua pelle sul collo.
Il morbido dei polpastrelli a disegnare le labbra, il naso, gli occhi.
Uno, due, tre, quattro morbidi e piccoli baci.
Mi hai baciato la guancia.
E poi la fronte.
E poi gli occhi.
Ti tenevo le mani, forte.
Ti ho lasciato fare.
Le labbra socchiuse.
La stanza sembrava girare.
Tanti piccoli e timidi baci.

T'ho accarezzato il piede e detto che non era nulla.
Ti voglio bene.

lunedì 1 dicembre 2008

...

La mia sola consolazione, quando salivo per coricarmi, era che la mamma venisse a darmi un bacio non appena fossi stato a letto.
M. Proust

mercoledì 26 novembre 2008

addio Mamma,




seidentrodimecomesangueepulsiinmecomefossicuore.
Addio mia amata,
nonsonoriuscitoadartiilrespirochecercavi
nonsonoriuscitoaproteggerti
nonsonomairiuscitoadirticomequantotiamavo

Sappiadessochenonvivopiù
nonsentopiù
nonvedopiù
nonrespiro

Sonoarrivatotardimagiurochenonlosapevo
Avevoavutofreddotuttoilpomeriggio
Matteoerastatostranotuttalamattinaascuola
Manonlosapevo.

Mamma,nonpossosmetteredipiangere
.

sabato 15 novembre 2008

...


...se potessi amarti,
ti farei sentire sicura,
un poco alla volta,
perchè ascolterei il tuo cuore aver paura...
e solo allora chiederei ancora
il cuore
il tuo cuore,
tutto per me...

lunedì 20 ottobre 2008

La Linea ... II



Ricordo d'aver perso la cognizione del tempo e dello spazio. Potevano essere stati minuti, potevano essere ore.
Proseguivo in quell'atto d'esplorazione fanciullesca incoraggiato dalle ripetute scoperte: partire da un sentiero conosciuto, ritrovare impronte, scegliere
 direzioni ignote, perdermi, ritrovare alberi e foglie sfiorate, e alla fine, col sorriso dell'anima, trovarmi di nuovo con lei dentro di me.
La sensazione di stordimento leggero, una zattera traballante su flutti imponenti, aveva lasciato il passo alla coscienza: era divenuto un bacio solido e consapevole.
Le guardavo di rado gli occhi chiusi, preferivo abbandonarmi al sogno insieme, le palpebre dorate nella luce della sera imminente.
Ci sono attimi che amerai per sempre, situazioni, amori e ricordi che s'imprimono con positiva violenza attraverso la carne nelle ossa e si sciolgono nel sangue che scorrerà nelle tue vene.
Ci sono immagini che
 s'immortalano fra palpebra e iride e basta sempre così poco, un battito di ciglia, una fragranza di profumo,
 un alito di mare quando il vento soffia forte, per essere di nuovo reali da sfogliarle ancora.
Ci sono persone che basta sfiorare senza intenzione per sollevare conoscenza antica, sintonie eterne,
lacrime sotterranee.
Lei era.
Forse avrei dovuto piangere per lasciarmi vincere dalla felicità di queste note melodiose, musica
senza abitudine, come respirare in altura per la prima
 volta.
Con gli occhi chiusi vedevo il suo viso dolcemente sereno, adagiato
 tra il cuscino rosso porpora e le mie mani.  In contrasto di luce e forza con la sua bocca che non smetteva di mangiare,
 avidamente, labbra e denti, lingua e collo, pelle e cuore come fosse linfa di sopravvivenza, come se
 il bacio successivo dovesse essere l'ultimo. Come sostentamento.
A volte capitava di captare frammenti di parole, cinguettii veloci, ma non avevo tempo per cercare tempo: mi reclamava, nettare necessario.
Aprii le finestre di cotone dalle quali emergevano lembi 
di pelle attraverso solchi naturali sulla stoffa afferrando i bottoni ad uno a uno finchè il tramonto del sole non fu chiaro e folgorante. Avventure inebrianti si prospettavano all'orizzonte mentre piccoli mutamenti nei sussurri preannunciavano magie rare.
Presi a baciarle le isole gentili dei suoi seni circumnavigando le acque chiare della laguna.
La sua schiena fremeva sotto le mie mani alacri mentre lambivo delicatamente ogni punto intorno quasi in un gioco crudele.
Nel frattempo il velo
 silenzioso della sera oscurava le larghe finestre allungando ombre sulle pareti chiare.
S'inarcò, infilò le mani sotto la camicia e slacciò il reggiseno. Poi  lo sfilò con veloci mosse dalla manica.
Adesso, tra le rive del 
desiderio della camicia aperta, scorreva il fiume impetuoso del seno sodo.
Che non potevo vedere, che inseguivo sulla scia invisibile del profumo, che presi a baciare e leccare e stringere
 e carezzare, che mi annientò.
Mi prese la testa con entrambe le mani e sentii il calore dei suoi palmi: tremava.
Adagiò la bocca sulla sua e mi indicò il faro. Scivolai di nuovo sul suo petto. Girai la testa porgendo l'orecchio al cuore un istante. Tocchi e rintocchi magici.
Scivolai ancora spinto dalle mani che sapevano.
S'inarcò e rimase nuda rapidamente, rimase nuda ed indifesa.
Chiesi soccorso e le sue mani guidarono la mia bocca.
Fu un attimo, un tremolìo convulso, un fremito.
Sussultò e fu mia nella stessa misura in cui io ero suo.

lunedì 29 settembre 2008

La Linea ...


Mi dici di seguirla, porterà a stradine di montagna che costeggiano precipizi.
Intanto non riesco a togliere gli occhi dai tuoi.
Dolcemente felici di un momento agognato sperato rinunciato arrivato.
Ed ora che siamo vicini da scambiarci i respiri 
sorridiamo soltanto.
Sorrisi continui in attesa, sospesi, desideri e pensieri che s'intrecciano 
e sovrastano d'immobilità.
Silenzi intatti, cornici di sguardi.
Poi chiudi gli occhi togliendomi luce e ragione.
Sento la tua mano esplorare la mia guancia in una carezza delicata.
Un profumo sconosciuto m'investe le narici.
Chiudo gli occhi e lascio che il calore sciolga i nodi del cuore.
Mi tocchi piano con dita premurose, calcolate e attente.
Passi un dito sul contorno del naso, sulle finestre degli occhi, sul mento e sulle orecchie.
Poi mi accarezzi con la guancia mentre non respiro più.
Guancia contro guancia, guancia contro mento, guancia contro fronte, 
guancia sulle labbra, guancia sulle mani come un invito.
Non ho più aria e d'istinto apro gli occhi incontrando le palpebre chiuse, 
le mani alacri, il viso gentile assorto.
Eccola, la linea.
Intraprendo il sentiero timoroso, sento terreni ardui e molli sotto i piedi.
Colgo la via dei tre nei che portano verso la bocca sulla discesa della guancia.
Li sfioro come fiori di rugiada.
Dal bordo senza parapetto vedo il mare insinuarsi tumultuoso tra scogli neri 
che accettano acqua di spuma. 
Un vento leggero spira da nord spostando nuvole di panna montata.
Ti sono totalmente vicino che sento il cuore batterti dentro:
 lo confondo col mio. 
Capisco tardivamente cosa intendevi.
Le labbra s'uniscono in un unico movimento. Sai di buono, sai di morbido, sai di fragole. Poi si schiudono e perdo cognizione dei tempi, un leggero capogiro mi porta a baciarti tenendomi aggrappato a te, una mano dietro il collo, una sulla schiena. Torni ad esplorarmi mentro giaccio consumato da tanta bellezza, vorrei morire così, la tua lingua dappertutto, la tua anima sovrapposta e combaciante.
Sono minuti, sono attimi, sono eternità ma continuiamo a baciarci con metodica dolcezza, labbra e bocca e lingua invischiati dello stesso collante.
Ti accarezzo la schiena attraverso la camicia, mi baci il collo, le orecchie, il naso e la fronte ma di nuovo ti reclamo e sei di nuova dentro la mia bocca, sei di nuovo la mia bocca, la stessa lingua, le stesse scoperte, la stessa pioggia battente.

sabato 27 settembre 2008

Quante cose

Se fosse stato un passatempo.
Se fossero state gocce di noia.
Se fossero state parole senza storia trascinate come carta straccia da mulinelli di casualità.
Se solo una volta fosse stato un peso starti accanto.
Se mai m'avesse sfiorato il pensiero che le tue mani erano merce usata.

I tuoi occhi erano dolci e disperatamente tristi.
Le tue mani pallide e gentili.
Il tuo viso mi si imprimeva nel cuore come stampo indelebile .
La tua voce era melodia sontuosa.

Non seppi dirti cos'era.
Non seppi dirti cosa volevo.
Non seppi amarti.

Lasciai che il tempo sbrigasse le sue necessità.
Ti lasciai andar via come rugiada al primo sole senza provare.
A dirti di resistere, a dirti di guardarmi: nessun inganno, nessuna paura.
Non un abbraccio, non una parola d'addio, non un bacio gentile.
Col profumo delle tue mani sulle mie, sole, immobili, perse.

Quante volte ho visto il mare che amavamo insieme, raccolto conchiglie di speranza, nuotato acque di malinconia nell'attesa di una telefonata?

Quante cose non sapevo.

sabato 6 settembre 2008

Assenza

Se non ci sei non ci sono parole.
Se non ci sei non sorge il sole.
Se non ci sei non brilla il mare.
Quando non ci sei scompare la voglia di fare.
E non ha senso cercare.
Nessuna domanda.
Nessuna risposta desiderata.
Quando non ci sei io non penso.
Rimango soltanto in attesa.
Come un tramonto grigio.
Come un'alba buia.
Se non ci sei io non ci sono.

Un ricordo



Ti dicevo stamani del mio girovagare per quei siti che espongono racconti d'ogni genere. Gratuitamente. Per fortuna perchè pagare per esporre tante schifezze sarebbe assurdo...O forse no, gli autori dovrebbero davvero pagare...
L'arte non ha forma, lo scritto è solo un momento del cuore...
Comunque...
Ti dicevo che non trovavo nulla che mi colpisse, nulla d'interessante.
Poi, d'improvviso questo ho trovato, non chiedermi dove, e questo t'ho subito inviato.
M'è piaciuto e lo condivido con te.
A presto.






La camera è ampia e la luce la inonda esattamente a metà. Come il cuore spezzato esattamente a metà.
Segue le orme impercettibili sul parquet lucido fino alla doccia.
Attenta a non ferirsi i piedi nudi con le briciole di vetro dei suoi occhi in lacrime.
Lui non può vederla. S'appoggia alla porta, ferma a guardarlo mentre l'acqua accentua il ricordo.

La doccia è bollente ed il vetro s'appanna velocemente.
Lava via i pensieri tristi, si strofina le emozioni, rimuove la sofferenza: una faccia nuova con un sorriso nuovo. Ma il profumo rimane.

Poi di nuovo uno seduto di fronte all'altra, lei al centro del letto, le gambe incrociate, il pigiama infantile. Lui all'angolo, l'asciugamano in vita, goccioline di acqua sopravvissute, perle sulla fronte.

"Non dovresti portare mai gli occhiali."
"Non avrei dovuto mai vederti."
"Non cominciare...Dovevo conoscerti...", e si stende sul letto a faccia in giù. Arrabbiata.
Lui guarda le travi di legno sul soffitto cercando un appiglio che non trova. Poi si stende su di lei schiacciandola col peso di troppi pensieri.
Toccarla è dolore, sapere di averla e averla persa al contempo, è una lama infuocata che taglia il respiro.
Infila le mani sotto al pigiama e si àncora ai seni che sempre lo desiderano.
La tocca una volta di più nel profondo, in quell'anfratto solo loro tra cuore ed anima.
Fanno l'amore di nuovo senza ombra di sesso, poi si ritrovano abbracciati, lui seduto sulla poltrona rossa, lei seduta su di lui e dentro di lui.
Staccarsi è doloroso : un dolore nuovo e sottile, un dolore che a volte si chiama amore.

Vestiti, s'abbracciano di nuovo, per l'ultima volta, se lo giurano.
Poi lo segue andar via con lo sguardo che s'appanna, un tumulto di lacrime, una sensazione di vuoto, una vertigine insopprimibile.
Il rombo del motore, il casco indossato. Tra qualche minuto percorrerà la stessa strada, il medesimo asfalto fino all'incrocio della loro storia: direzioni diverse, semafori alterni. Il gioco della vita.

Non ha detto una parola, lui.
L'ha guardata soltanto, desiderandola con occhi di brace. Ha mascherato dietro le lenti specchiate il magone, ha nascosto il crampo riparato nel giubbotto antivento.

Senza pensieri, vuota e piena, felice e triste, ogni singola cosa ebbra anche del contrario, s'avvia alla macchina.
E' passata un'ora, per un'ora non ha potuto fare a meno di piangere. Ha preso la sua Nikon ed ha fotografato ogni dettaglio della camera.
Ora guida piano nel viale alberato. Si gira e saluta la villa con la testa.
Uno, due, tre chilometri lontana dal sogno. Uno -due - tre chilometri più vicina alla realtà.

In lontananza un lampo, un giro di luce azzurrognola uguale a se stesso.
Una volante della municipale di traverso blocca la carreggiata. Quattro auto davanti a lei.
Guarda lo specchietto retrovisore e si aggiusta il cuore.

Non pensa.
Non pensa.
Non pensa.
Alza il volume dello stereo.
"Desire...desire... desire..."
La vita è un rock duro.
La vita è una merda.
Non pensa.
Non pensa.
Non pensa.
Come un automa, apre la portiera.
Non aveva bisogno di pensare.
Non ha bisogno di lacrime.
A passo svelto supera le auto ferme.

Una
Due
Tre
Quattro

Il poliziotto le si para davanti.
Dalla sinistra convinzione che legge negli occhi di ghiaccio capisce che deva farla passare.
Non avrebbe potuto altrimenti.
Ancora una macchina, di traverso, proprio come la giornata, proprio come i raggi del sole che trafiggono sicuri la coltre passiva del bosco.
Sul ciglio una carcassa di moto, giù per il basso fossato un casco giallo.
Nella testa una canzone triste.
" E lui, dov'è?"
Una chiazza scura, due ali d'argento, un cinguettio lontano.

ARIA

Mi manca l'aria che respiravo attraverso di te.

Il nero della notte si disperde nei sentieri colorati d'argento.
Oltre l'oscuro, il mare partorisce un nuovo giorno ed ogni singolo filo di luce rosa mi ricorda quanto tu mi manchi.
Mi mancano quei baci piccoli di quando i corpi si uniscono: il sordo battito dei cuori diventati un solo respiro.

Mi manca il profumo dei freddi mattini d'inverno.

Mi mancano i tuoi occhi malandrini e quel tuo sguardo ebbro di desiderio.
Mi manca il brivido della tua pelle quando le mani mie gelate chiedono riparo.
Mi manca la dolce luna del tuo collo e quella bocca rossa d'amore che mi richiede.

Mi manchi come se fossi partita.
Come se m'avessi lasciato.
Come se non t'avessi mai conosciuta.
Mi manca la mano che mi tratteneva quando chiedevo di andare.
L'ultimo abbraccio che sempre ti negavo.

Mi manca l'aria che respiravo attraverso di te.

domenica 24 agosto 2008

Mai letto?

Si presenta che sembra il vecchio professore di filosofia del liceo che prendevo perennemente per il culo. Ci faceva lezione leggendo il libro, non rispondeva mai a domande difficili.
Dice Donato, ho una prenotazione a mio nome; ma è solo intuito perchè non capisco un accidente. Il passaporto americano rivela il luogo natio, Monselice, Italia...
Poi fa una battuta su quanto faccia caldo:
un giorno ho detto ad un amico americano fa caldo e lui ha capito fuck Aldo...
Non gradisco e lavo il sorriso con una boccaccia.
E' un tipo stranuccio direi, una decina di centimetri più del bancone, fronte larga, e occhiali rotondi sugli occhi vispi. Un viso gioviale e limpido.
Vengo dal Midwest, prosegue - e l'italiano lo parlo sempre meno.
Coelum non animum mutant qui trans mare currunt, la butta lì e non capisco.
Arrovella la lingua sulle erre che sembrano esse, trascina le altre lettere in un miscuglio di lingue possedute, dimenticate, soprassedute e sempre vive.
Il Midwest è un concetto troppo vago, come è troppo - inversamente - forte la sensazione che sia un personaggio di spicco. Gente non facile da incontrare, gente che comunica il sapere col sorriso e mostrando di non sapere, sempre pronti ad imparare insegnando.
E non a caso cade sulla Grecia.
Noi saremo sempre, dico - la culla del sapere.
Perchè dice noi?
Terreno fertile.
Socrate, la maieutica, la certezza che nessuno mai avrà la possibilità d'arrivare dove i Greci pensarono.
Dio, il concetto di dio in mille religioni, l'Islam, le contraddizioni, le risposte.
Mi trascina in cose che non so e che vorrei sapere, viaggio per lande dove sono ignorante e lo guardo con occhi di sorpresa.
Potrebbe parlare per ore, magari in passato avrà tenuto conferenze e mirato sguardi dritti d' approvazione e stima.
Quando mi si nomina la Grecia...
E' un' emozione tutta mia, mi sento fiero, nuoto con gli occhi in quel mare d'amore, parlo con calore e partecipazione speciale, parlo...
Perché di solito non parlo.
Perché di solito trattengo.
Evito.
Lo incontro l'indomani alla partenza. O check out come precisa lui.
Dico grazie perchè non è facile incontrare personaggi come lei.
E per me che ad un certo punto ho smesso di progredire, che imparo solo leggendo, che spesso dimentico che non si conosce mai abbastanza, sapere che ci sono ancora persone come lei è un piacere.


Immodestamente mi prendo la briga di scriverti che ti faccio bene e come diceva quel pazzo della 405 di ieri che sciorinava detti latini a destra e a manca, è grazie alla maieutica tipicamente greca che ti faccio uscire quello che poi tu hai piacere di far uscire.
Il tipo della 405, tale Donato, stamani mi ha intrattenuto con delle storie fantastiche. Poi è partito, è tornato, e stringendomi la mano mi ha detto: "lei è una persona estremamente intelligente, che ha paura che la gente se ne accorga e quindi fa di tutto per nascondersi alla gente."
D'impatto ho chiesto se fosse l'ennesima parabola, mi ha risposto che stava parlando di me.
Grandioso.
L'avevo fermato, prima di pagare, ringraziandolo: "sa, lei è una persona che fa bene conoscere; perchè per i tipi come me ad un certo punto la conoscenza si ferma,non si ha più tempo per studiare. E allora diventa fonfamentale l'incontro che persone che sanno e che illuminano con la conoscenza."

Ad maiora.

giovedì 14 agosto 2008

Non Chiedermi, Non Chiederti


Non chiedermi cosa voglio da te,
non chiedermi cosa saprò darti.
Una poesia, un cuore in ascolto.
Una tasca vuota rovesciata.
Occhi per guardare insieme, verso lo stesso tramonto, nello stesso istante.
Occhiali per riposare, un libro vuoto da riempire.
Una storia, la nostra, la mia.
Non chiedermi cosa voglio da te perchè non so cosa posso darti.
Un letto di polvere, un filo di luce bianca.
...
Sono parole, spesso vuote, spesso assenti, pesanti se ci sono, leggere se ridiamo.

domenica 10 agosto 2008

Respiro


voglio baciarti le labbra calde trattenendole coi denti
voglio baciarti stringendoti il collo mentre la mia lingua cattura la tua
voglio afferrare i tuoi fianchi e portarli a me
poi dirigermi sui glutei frementi e incendiarti il pube con la mia presenza
voglio baciarti ogni centimetro della tua pelle per vendicare la tua assenza
voglio che torni
per non andare più
per dimenticare
voglio mangiarti