lunedì 18 ottobre 2010

Bimbo mio

Professò, ma è sicuro?
Sorride sarcastico mentre la stanza gli si stringe attorno soffocondalo con le pareti di carta sofisticata, i quadri appesi al collo.
Poi si sforza di respirare.
Trattiene le lacrime.
Sii forte, si ripete.
Il camice bianco lascia partire un braccio che indica una macchia sul monitor.
E' uno spruzzo di colore, che male può fare.
Poi con la montblanc descrive un cerchio tutt'attorno.
Scuote la testa e poggia gli occhiali sulla scrivania.
Quanto? chiede imperterrito.
La risposta si autosospende per la vergogna.
Fuori il vento di tramontana d'un fin di settembre inusuale sferza i platani che si appoggiano al balcone.
Prova ad alzarzi ma le gambe cedono.
Si ritrova in ginocchio tremante.
Non so dirle, tre mesi, due, cinque massimo.
 
L'espressione non cambia: chissà quante volte avrà reciso la vita con il taglio d'una parola.
E adesso che faccio?
Una domanda nota.
La sera invade la stanza disadorna.

Nelle cuffie il Califfo canta Bimba mia.
Fine delle trasmissioni.
Au revoir

Ottobre
Un viaggio in treno, tremante di speranza.
Il ritorno mesto e sconfitto.
Aprono e richiudono, lo schizzo non è estirpabile.
Buona fortuna amico mio.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.