sabato 19 giugno 2010

detto mai

Piccole pezze di cielo,
fessure di vita:
morirei per un tuo sguardo adesso,
uno ancora.
Una carezza sul ginocchio e mi dicevi
come va?
Il mondo spariva, eravamo io e te.
Quelle mattine a parlare,
soffi di parole a disegnare i sogni.
Il profumo del mirto, i canti ripetuti.
Ed io cieco pensavo al mare.
Poco prima ti scrissi una lettera.
E' ancora lì in una cartella sospesa.
Mai più avuto il coraggio di aprirla.
E mai più avrò la forza di aprirmi.
Ricordi le colazioni sulla grande terrazza, lo sguardo perso nella scia dei delfini?
Parlavi sempre troppo per me.
Ti ascoltavo sempre troppo poco.
Ti avevo scritto di quanto fosse stato difficile : era solo apparenza ma tutto l'amore che mi donavi tornava allo specchio.
Davvero.
Sempre.
Ti avevo scritto della nostra ultima stagione assieme,
la salute che cambiava,
le distanze che si facevano impietose.
Io correvo e tu arrancavi.
Ti avevo scritto di tutte quelle volte che mi pareva d'averti accanto mentre invece eri a casa.
Un pomeriggio di ottobre pioveva a dirotto ma volli correre.
La stessa strada di sempre lungo la pineta.
Un salto qua e la tra le pozzanghere della strada allagata.
La scuola di mio figlio.
Il tuo amore smisurato.
Poi il grande rettilineo fino al porto e finalmente il mare.
Non il nostro.
Correvo furioso, senza un motivo particolare.
Era la pioggia che donava energia.
O solo che doveva essere.
Ho sentito chiamarmi.
Fermati, non ce la faccio più: camminiamo.
Ho pensato d'essere magicamente pazzo.
Si, dai, camminiamo, hai detto.
Voglio parlarti.
Allora si che il cuore è impazzito.
Tu mi parlavi, c'era il mare, grigio tempesta nel cielo livido, ma tu non c'eri.
Io sto andando, ormai.

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