mercoledì 23 giugno 2010

senza titolo

Mentre sto facendo le cose più normali, ad esempio lavando i piatti, come stasera, senza un motivo particolare mi viene da vomitare.
Poi mi manca il respiro e lo stomaco mi si fa piccolo.

Perché lei si sente soffocare.
Perché lei non riesce a respirare.
Perché lei non puó chiamare.

Allora vado in ospedale col cuore che pompa troppo veloce.
Cammino con le mani in tasca e collego la puzza all'umido: mi sono pisciato sotto.
La dottoressa sta ancora là. Appena mi vede si siede sulla scrivania poggiando una parte del suo culo.
Mi dice sempre la stessa cosa: sua madre è giunta cadavere.

Non riesco a respirare. Non riesco a capire.

sabato 19 giugno 2010

detto mai

Piccole pezze di cielo,
fessure di vita:
morirei per un tuo sguardo adesso,
uno ancora.
Una carezza sul ginocchio e mi dicevi
come va?
Il mondo spariva, eravamo io e te.
Quelle mattine a parlare,
soffi di parole a disegnare i sogni.
Il profumo del mirto, i canti ripetuti.
Ed io cieco pensavo al mare.
Poco prima ti scrissi una lettera.
E' ancora lì in una cartella sospesa.
Mai più avuto il coraggio di aprirla.
E mai più avrò la forza di aprirmi.
Ricordi le colazioni sulla grande terrazza, lo sguardo perso nella scia dei delfini?
Parlavi sempre troppo per me.
Ti ascoltavo sempre troppo poco.
Ti avevo scritto di quanto fosse stato difficile : era solo apparenza ma tutto l'amore che mi donavi tornava allo specchio.
Davvero.
Sempre.
Ti avevo scritto della nostra ultima stagione assieme,
la salute che cambiava,
le distanze che si facevano impietose.
Io correvo e tu arrancavi.
Ti avevo scritto di tutte quelle volte che mi pareva d'averti accanto mentre invece eri a casa.
Un pomeriggio di ottobre pioveva a dirotto ma volli correre.
La stessa strada di sempre lungo la pineta.
Un salto qua e la tra le pozzanghere della strada allagata.
La scuola di mio figlio.
Il tuo amore smisurato.
Poi il grande rettilineo fino al porto e finalmente il mare.
Non il nostro.
Correvo furioso, senza un motivo particolare.
Era la pioggia che donava energia.
O solo che doveva essere.
Ho sentito chiamarmi.
Fermati, non ce la faccio più: camminiamo.
Ho pensato d'essere magicamente pazzo.
Si, dai, camminiamo, hai detto.
Voglio parlarti.
Allora si che il cuore è impazzito.
Tu mi parlavi, c'era il mare, grigio tempesta nel cielo livido, ma tu non c'eri.
Io sto andando, ormai.

martedì 15 giugno 2010

a f a

nella dolciastra afa del quindici giugno
giorno un giorno gioioso
il vento muoveva
con lingue acide di tempi diversi
polvere oppressa
su asfalti di gocce macchiati

altri respiri, altra aria,
altre persone, altri mondi
lei disse
pesante come una minaccia
triste come una minaccia fiacca

di chi parli le rispose
del mio o del tuo
cuore?

senza clemenza stille di sudore su fronti corrucciate
il mare fermo ed amaro
amare è amaro
amaro non ferire volendolo fare

occhi verdi, occhi verdi, soltanto le disse
non guardarmi così
che ti farai male
e non toccarmi furtiva col braccio cercando
un approdo che ancora non c'è

ancora era ieri
temere era ieri
cercare era ieri

l'aria pesante restò in attesa
l'attesa pesante schiacciò la premura

vedremo si dissero
e lei sapeva già

sabato 12 giugno 2010

L'altro ieri

Mi piace ascoltare la tua voce
lo scandire delle sillabe
ed i suoni che produce

Mi piace anche quando non dici
il semplice respiro
il vuoto di una pausa
l'aspettattiva che sussegue

Mi piace immaginarti seduta
o indaffarata
il ferro da stiro ed il vapore

Mi piace saperti viva
sangue
crosta
e cicatrice
che non t'arrendi
e che parti

Acqua di mare che disinfetta
promessa di conchiglie
o piccoli sassi
Mi piace guardarlo coi tuoi occhi
il vaso che si riempie
il biglietto di ritorno

Mi piace non sapere
Mi piace la tua voce

mercoledì 2 giugno 2010


Abbiamo parlato dopo tanto tempo. Ti ho ascoltata tanto tempo dopo. Ma non so dirti che effetto mi ha fatto. Forse aldilà dell'amore e dell'amicizia, ci sono persone che sono vicine e basta. Ho cercato di chiudere e negare poi ogni altro pensiero relativamente facile poi da elaborare.