mercoledì 24 dicembre 2008


Sarà un bellissimo natale.
Di lucine intermittenti e strette di mano.
Bacetti sulla guancia,
barbe rasate,
dopobarba e colonie prezzate.

Di regali dell'ultimo momento,
di libri incartati e richiesti,
di ciondoli che si muovono come gambe nervose,di attese che manca il respiro.

Sarà il solito bellissimo natale.
Di gente che corre,
frenesia riflessa nelle vetrine.
Delle solite cose che mancano e te ne rammenti solo aprendo la credenza.

Di occhi senza macchia che non conoscono tristezza
che si rallegrano ad ogni scampanellìo.
Porta che si apre, sorriso che entra.

Porta che si apre.Lui che sorriderà aspettando che le arance si trasformino.
Io che morirò minuto dopo minuto.
Quando sarà ineluttabile che non verrò ad aprirti la porta.
Quando piangerò senza vergogna ma celandomi doverosamente.
Quando saremo tutti seduti.
Calici che tintinnano.
Tovaglia quella buona.
Candele profumate.
Io ti cercherò comunque.

Sarà un bellissimo natale.
I doni ammassati sotto l'albero.
Soliti film conosciuti a memoria o canzoni che girano dolci.
Noci schiacciate solo per golosità, una contro l'altra.
Bicchieri svuotati e notizie di seconda mano.

Sarà la solita sorpresa del ritmico alternarsi di piatti.

Io ti cercherò tra le pieghe del divano,
nelle tasche dei jeans,
dietro lo stelo della luce grande.
Io aspetterò un segnale,
un movimento inconsueto,
liberatorio,
un'immagine che rivela,
che forse, definitivamente, svela.
Io ti cercherò nella sua voce e penserò che mi siedi accanto,
o in grembo e che mi guardi silenziosa e tenera.
Come sempre.
Io ti cercherò nei riflessi inaspettati,
nelle pause necessarie.
Dio, come mi mancheranno i tuoi occhi,
quel verde scintillante che mi calmava come acque di laguna,
gioioso ed inquieto.
Dio, come mi mancheranno i tuoi occhi che erano sempre una parola buona,
un abbraccio sincero,
una via di fuga,
un punto certo,
un ritorno agognato.

Sarà un bellissimo natale.
Di attimi scanditi ed esclamazioni ed apprezzamenti.
Di grazie forzate o sentitamente sincere.
Di pensieri che volano via leggeri, rimandati.
Di cose da fare, programmare, cestinare, accantonare.

Non smetterò un solo istante di reclamarti, d'invocarti,
di maledirmi, di insultarmi,
di volerti bene,
di piangere.

giovedì 18 dicembre 2008

Averti fra le braccia - Tenco


Averti fra le braccia è un desiderio

che invano cerco di dimenticar

sentirti mia per sempre è come un sogno

e ovunque la tua immagine m’appar,

Sei per me la sola donna

e voglio amarti per l’eternità.

Risento come musica divina

la voce tua nel sussurrarmi "t'amo".

Averti fra le braccia è un desiderio

un sogno che in eterno resterà

ed il sogno sarà una dolce realtà

finché il nostro amore vivrà.

sabato 13 dicembre 2008

Il sugo è poco

Apro gli occhi. Le quattro e dieci.
Definitivamente mi alzo.
So già qual'è il mio posto.
Libro, orologio.
Telefonino che illumina il percorso ad ostacoli fra giocattoli e passeggino.
Divano e luce piccola.

Ritiro 150,00 euro e noto che cinquanta sono in pezzi da dieci.
Mi dice grazie, il solito grazie sospeso fra gratitudine e mortificazione.Direzione pizzeria.
Le ciambelline non ci sono quindi spende solo un euro per la pizza bianca a striscioline per Matteo.
Poi ci dividiamo: noi per via delle Baleniere verso casa, lei per via delle Gondole verso l'ultimo domani.
Il sorriso suo come un fotogramma, tatuato nella memoria, inchiostro eterno.
Guardo l'albero di Natale. Il libro l'ho appena terminato. Il giorno in più. Niente di che, anzi potevo farne a meno di frasi fatte e luoghi comuni.
Non so perchè l'albero di Natale mi pare bello solo illuminato.
Così, nella luce bianca della lampada, mi viene voglia di buttarlo giù a calci.
Mio padre insiste con l'oro del monte dei pegni.
Dice che ci deve essere in casa o perduta una polizza che vuole riscattare. Ne è certo perchè Flo gli ha detto che lunedì aveva dato a mamma 50 euro per rinnovarla.
...
Sono le sei della sera ed ormai ho paura ad uscire. Sono incazzato con Alessia perchè fa tardi ma non è colpa sua. Sono incazzato perchè mi costringo a fare una cosa che mi addolora.
Ma gli ho promesso che gli avrei portato la pizza bianca.Ho cucinato pure un pò di sugo all'amatriciana.
Ecco, poi dici che superi: cucinare è un attentato alla mia stabilità mentale.
Tutto quello che so fare l'ho appreso da lei.

Eccola.
Posso andare.
Prendo il sacchetto col sugo e un euro spiccio.

Non lo so, probabile che siano solo ripetute coincidenze, ma tutte le volte che vengo a casa sua trovo il portone accostato e l'ascensore aperto al piano.

Comincio a rovistare nei cassetti che un giorno furono miei alla ricerca di una cosa che nella mia testa non esiste.
Mio padre dice che se la sarà persa, e allora perchè non mi risparmi 'st'atrocità?
Mia madre non perdeva le cose.Primo cassetto a sinistra: dietro le vecchie cartoline buste da lettera piene di bollettini pagati, Findomestic o Santander, quand'eravamo poveri, ricordi Mamma? e prendevamo i soldi in prestito io e te...
Primo cassetto a sinistra: ci sono fogli che non conosco che nascondono un pacchetto.
Mi viene da urlare.
Invece scoppio a piangere.
I braccioli per il mare dei Gormiti.
Quelli per il viaggio che avrebbe pagato lei la prossima estate in Grecia.
Quelli per i primi tuffi nell'acqua alta di Matteo.

Mi fa notare che il sugo è poco. E ti pareva che andasse bene qualcosa.
Perchè bestemmi? Lo dice mentre già metto i piedi fuori di casa.
Perchè voglio mia madre.
Non lo capisce.
Non ci faccio caso ma l'ascensore è di nuovo aperto al piano.Caracollo verso l'uscita piangendo. E' un pianto disperato che spera di incrociare lo sguardo altrui: tutti devono sapere che voglio mia madre.

Mi lavo il viso come fanno i gattini con una lacrima d'acqua.
Piscio cercando di non cogliere il centro per evitare di svegliarli.
I pensieri più belli mi salgono quando faccio cose normali.
Mi sento bene quando loro dormono ed io sono sveglio vicino a loro.

Sono le sei e diciotto, posso uscire.La luna esplode dietro gli alberi, sopra l'edicola illuminata.
Mi domando se ha trovato il resto dei soldi di quel lunedì o se mamma s'è persa pure quelli...

sabato 6 dicembre 2008

Novembre, ti lascio.

La morte non è niente.Sono solo scivolato nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce,non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Che cos'è la morte, se non un accidente trascurabile ?Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

venerdì 5 dicembre 2008

Ho sentito

Ho sentito:

ti mando un abbraccio
io sono qui
per qualunque cosa tu abbia bisogno sono qui
chiama se ti serve qualcosa

come è successo?
io l'ho incontrata stamani
stava bene...
al prossimo giro

la morte è una cosa naturale
cazzo, nun ce se pò crede

devi andare avanti
hai una famiglia, pensa a loro
devi essere forte
devi avere coraggio
trova la forza negli occhi di tuo figlio

la vita continua
show must go on

non ti buttare giù
cerca di dormire
cerca di mangiare
sei dimagrito

ed ora tuo padre?
c'è una stella in più in cielo
sta meglio lei adesso che noi qui
lei è sempre con te
lei ti è vicino
lei non vorrebbe vederti piangere

è diventata l'angelo custode di tuo figlio
se non c'è lei in paradiso vuol dire che non esiste paradiso
tu almeno le sei stato sempre vicino
avevo come dei flash in cui ti vedevo piangere

condoglianze
sappi che io ci sono
ti telefono
ti abbraccio

mercoledì 3 dicembre 2008

Stanotte


T'ho sognata stanotte.
Eravamo seduti su di un divano cremisi ed io piangevo.
Sommessamente.
Sulla tua spalla.
La televisione gracidava piano con luci e colori intermittenti.
Tu mi accarezzavi la mano mentre trattenevo singhiozzi.
Poi mi hai abbracciato.
Il profumo della tua pelle sulle mie guance.
Il morbido dei polpastrelli ad asciugare il dolore sulle palpebre, sugli zigomi, intorno alle labbra.
Dolcemente.
Ho baciato la tua guancia.
Uno, due, tre, quattro morbidi e piccoli baci.
Mi hai lasciato fare.
Poi la fronte e poi di nuovo la guancia.
Mi tenevi la mano.
Dolcemente.
La labbra socchiuse.
Hai detto no.
Mi hai abbracciato più forte.
Il profumo della tua pelle sul collo.
Il morbido dei polpastrelli a disegnare le labbra, il naso, gli occhi.
Uno, due, tre, quattro morbidi e piccoli baci.
Mi hai baciato la guancia.
E poi la fronte.
E poi gli occhi.
Ti tenevo le mani, forte.
Ti ho lasciato fare.
Le labbra socchiuse.
La stanza sembrava girare.
Tanti piccoli e timidi baci.

T'ho accarezzato il piede e detto che non era nulla.
Ti voglio bene.

lunedì 1 dicembre 2008

...

La mia sola consolazione, quando salivo per coricarmi, era che la mamma venisse a darmi un bacio non appena fossi stato a letto.
M. Proust