Mi hai detto accompagnami a fare la spesa.
Ho fatto si con la testa.
Muti, io dietro come un segugio.
Rapidi volteggi tra scaffali imbanditi: le uova, la scadenza, il latte, la scadenza, il prosciutto, la scadenza.
Perchè non lo prendi fresco?
Troppa fila.
Si, ma è più buono.
Non hai risposto.
I biscotti, quelli no che non si sciolgono nel latte.
Intanto mi carezzavo i capelli io.
Ti guardavo il culo ogni tanto.
Avevi una certa dimestichezza interessata, come se ti piacesse leggere le informazioni sul retro delle confezioni.
Ma non badavi ai prezzi.
Guarda che il tonno è in offerta.
Si, ma questo è più tenero.
Parti invertite.
Senza volerlo ho poggiato la mano sulla tua: cercavamo la stessa marmellata di more sullo stesso scaffale nello stesso momento.
E' stato un brivido.
Allora ho preso il carrello e camminato verso il banco frigo: ancora freddo.
Sei arrivato e mentre afferravo il cartone mi hai sfiorato la mano: quello della centrale è più buono.
Ho arrotolato di nuovo i capelli tra le mani.
Alle casse c'era coda. Hai scelto quella che a me sembrava più lunga.
Hai preso il telefono e senza degnarmi cominciato a scrivere.
Io vedevo solo la lucina rossa lampeggiare.
Caruccio che sei, ti ho detto infastidita.
Hai sorriso.
Quel malinconico tenero dolce bastardo modo di sorridere che hai.
La cassiera era lenta, ma carina.
Ho avuto l'impressione che trattenesse la mano nel restituirti la carta.
Aveva lunghi capelli ricci legati in una treccia ampia.
Ho pensato alle doppie punte.
Ho riempito le buste in maniera ordinata come piace a me.
Mi hai guardata come a dire che non c'era bisogno.
Oltre la porta scorrevole il vento di tramontava scuoteva la fila dei platani.
Che fai dopo?
Niente, ho detto insicura.
Allora accompagnami sù, poso le buste e scendo che devo ancora finire.
Non ho capito cosa ma t'ho seguito.
In ascensore, sopra i tasti, sopra la scritta del pronto intervento, un deodorante d'ambiente.
Hai poggiato la spesa per terra e premuto il cinque. Io mi sono schiacciata contro la lucida parete opposta.
Mentre il motore saliva ti sei avvicinato valicando subito il confine di sicurezza: la mano mi ha pettinato i capelli dietro la nuca e accolto il collo.
Ho aperto la bocca e chiuso gli occhi.
Mi hai baciato per venti secondi finchè l'ascensore s'assestava al piano.
La tua lingua sapeva di buono. Ma non di dentrificio. Come se avessi mangiato una merendina.
Io avevo appena finito l'ultima liquirizia.
Quando le porte si sono aperte hai fatto la seconda cosa che non mi aspettavo: spinto terra e baciato ancora.
Ti ho morso le labbra, stretto forte, tirato a me.
Al pian terreno hai pigiato di nuovo i tasti, a casaccio credo.
Messo l'altra mano sotto la camicia, dietro la schiena, e poi sotto, un centimetro dal proibito.
Un millimetro dall'infinito.
Ti baciavo lenta.
Ho pensato non fermarti, ma l'ascensore andava implacabile.
Mi hai guardato, sorriso, poi di nuovo guardato.
Ed io ferma.
Non farmi male, ho pensato.
bella immedesimazione, il culmine: le doppie punte :-)
RispondiEliminabex
Che vuol dire che non t'è piaciuta?
RispondiEliminaFdT
no, al contrario, mi e' piaciuta. notavo che la storia delle doppie punte e' proprio un pensiero femminile, quindi e' il culmine dell'immedesimazione. non della storia che ovviamente si apprezza nel suo complesso.
RispondiEliminaHo provato a fare meglio visto che con Mani m'era uscita male.
RispondiEliminaGrazie
FdT
Allora, la scriviamo sta storia comune?
RispondiEliminaFdT
veramente a me sembrava uscita bene, mani.
RispondiEliminal'impressione e' che non ci sia sto gran interesse, gli altri latitano. bex
Peccato, è un periodo che scrivo tanto. Scriviamo io e te allora?
RispondiEliminaFdt
un blog collettivo in due non ha molto senso, direi di continuare cosi' su ispirazione del momento. bex
RispondiEliminaPerfettamente ragione.
RispondiEliminaScusa ma non c'ero arrivato.
FdT