lunedì 29 settembre 2008

La Linea ...


Mi dici di seguirla, porterà a stradine di montagna che costeggiano precipizi.
Intanto non riesco a togliere gli occhi dai tuoi.
Dolcemente felici di un momento agognato sperato rinunciato arrivato.
Ed ora che siamo vicini da scambiarci i respiri 
sorridiamo soltanto.
Sorrisi continui in attesa, sospesi, desideri e pensieri che s'intrecciano 
e sovrastano d'immobilità.
Silenzi intatti, cornici di sguardi.
Poi chiudi gli occhi togliendomi luce e ragione.
Sento la tua mano esplorare la mia guancia in una carezza delicata.
Un profumo sconosciuto m'investe le narici.
Chiudo gli occhi e lascio che il calore sciolga i nodi del cuore.
Mi tocchi piano con dita premurose, calcolate e attente.
Passi un dito sul contorno del naso, sulle finestre degli occhi, sul mento e sulle orecchie.
Poi mi accarezzi con la guancia mentre non respiro più.
Guancia contro guancia, guancia contro mento, guancia contro fronte, 
guancia sulle labbra, guancia sulle mani come un invito.
Non ho più aria e d'istinto apro gli occhi incontrando le palpebre chiuse, 
le mani alacri, il viso gentile assorto.
Eccola, la linea.
Intraprendo il sentiero timoroso, sento terreni ardui e molli sotto i piedi.
Colgo la via dei tre nei che portano verso la bocca sulla discesa della guancia.
Li sfioro come fiori di rugiada.
Dal bordo senza parapetto vedo il mare insinuarsi tumultuoso tra scogli neri 
che accettano acqua di spuma. 
Un vento leggero spira da nord spostando nuvole di panna montata.
Ti sono totalmente vicino che sento il cuore batterti dentro:
 lo confondo col mio. 
Capisco tardivamente cosa intendevi.
Le labbra s'uniscono in un unico movimento. Sai di buono, sai di morbido, sai di fragole. Poi si schiudono e perdo cognizione dei tempi, un leggero capogiro mi porta a baciarti tenendomi aggrappato a te, una mano dietro il collo, una sulla schiena. Torni ad esplorarmi mentro giaccio consumato da tanta bellezza, vorrei morire così, la tua lingua dappertutto, la tua anima sovrapposta e combaciante.
Sono minuti, sono attimi, sono eternità ma continuiamo a baciarci con metodica dolcezza, labbra e bocca e lingua invischiati dello stesso collante.
Ti accarezzo la schiena attraverso la camicia, mi baci il collo, le orecchie, il naso e la fronte ma di nuovo ti reclamo e sei di nuova dentro la mia bocca, sei di nuovo la mia bocca, la stessa lingua, le stesse scoperte, la stessa pioggia battente.

sabato 27 settembre 2008

Quante cose

Se fosse stato un passatempo.
Se fossero state gocce di noia.
Se fossero state parole senza storia trascinate come carta straccia da mulinelli di casualità.
Se solo una volta fosse stato un peso starti accanto.
Se mai m'avesse sfiorato il pensiero che le tue mani erano merce usata.

I tuoi occhi erano dolci e disperatamente tristi.
Le tue mani pallide e gentili.
Il tuo viso mi si imprimeva nel cuore come stampo indelebile .
La tua voce era melodia sontuosa.

Non seppi dirti cos'era.
Non seppi dirti cosa volevo.
Non seppi amarti.

Lasciai che il tempo sbrigasse le sue necessità.
Ti lasciai andar via come rugiada al primo sole senza provare.
A dirti di resistere, a dirti di guardarmi: nessun inganno, nessuna paura.
Non un abbraccio, non una parola d'addio, non un bacio gentile.
Col profumo delle tue mani sulle mie, sole, immobili, perse.

Quante volte ho visto il mare che amavamo insieme, raccolto conchiglie di speranza, nuotato acque di malinconia nell'attesa di una telefonata?

Quante cose non sapevo.

sabato 6 settembre 2008

Assenza

Se non ci sei non ci sono parole.
Se non ci sei non sorge il sole.
Se non ci sei non brilla il mare.
Quando non ci sei scompare la voglia di fare.
E non ha senso cercare.
Nessuna domanda.
Nessuna risposta desiderata.
Quando non ci sei io non penso.
Rimango soltanto in attesa.
Come un tramonto grigio.
Come un'alba buia.
Se non ci sei io non ci sono.

Un ricordo



Ti dicevo stamani del mio girovagare per quei siti che espongono racconti d'ogni genere. Gratuitamente. Per fortuna perchè pagare per esporre tante schifezze sarebbe assurdo...O forse no, gli autori dovrebbero davvero pagare...
L'arte non ha forma, lo scritto è solo un momento del cuore...
Comunque...
Ti dicevo che non trovavo nulla che mi colpisse, nulla d'interessante.
Poi, d'improvviso questo ho trovato, non chiedermi dove, e questo t'ho subito inviato.
M'è piaciuto e lo condivido con te.
A presto.






La camera è ampia e la luce la inonda esattamente a metà. Come il cuore spezzato esattamente a metà.
Segue le orme impercettibili sul parquet lucido fino alla doccia.
Attenta a non ferirsi i piedi nudi con le briciole di vetro dei suoi occhi in lacrime.
Lui non può vederla. S'appoggia alla porta, ferma a guardarlo mentre l'acqua accentua il ricordo.

La doccia è bollente ed il vetro s'appanna velocemente.
Lava via i pensieri tristi, si strofina le emozioni, rimuove la sofferenza: una faccia nuova con un sorriso nuovo. Ma il profumo rimane.

Poi di nuovo uno seduto di fronte all'altra, lei al centro del letto, le gambe incrociate, il pigiama infantile. Lui all'angolo, l'asciugamano in vita, goccioline di acqua sopravvissute, perle sulla fronte.

"Non dovresti portare mai gli occhiali."
"Non avrei dovuto mai vederti."
"Non cominciare...Dovevo conoscerti...", e si stende sul letto a faccia in giù. Arrabbiata.
Lui guarda le travi di legno sul soffitto cercando un appiglio che non trova. Poi si stende su di lei schiacciandola col peso di troppi pensieri.
Toccarla è dolore, sapere di averla e averla persa al contempo, è una lama infuocata che taglia il respiro.
Infila le mani sotto al pigiama e si àncora ai seni che sempre lo desiderano.
La tocca una volta di più nel profondo, in quell'anfratto solo loro tra cuore ed anima.
Fanno l'amore di nuovo senza ombra di sesso, poi si ritrovano abbracciati, lui seduto sulla poltrona rossa, lei seduta su di lui e dentro di lui.
Staccarsi è doloroso : un dolore nuovo e sottile, un dolore che a volte si chiama amore.

Vestiti, s'abbracciano di nuovo, per l'ultima volta, se lo giurano.
Poi lo segue andar via con lo sguardo che s'appanna, un tumulto di lacrime, una sensazione di vuoto, una vertigine insopprimibile.
Il rombo del motore, il casco indossato. Tra qualche minuto percorrerà la stessa strada, il medesimo asfalto fino all'incrocio della loro storia: direzioni diverse, semafori alterni. Il gioco della vita.

Non ha detto una parola, lui.
L'ha guardata soltanto, desiderandola con occhi di brace. Ha mascherato dietro le lenti specchiate il magone, ha nascosto il crampo riparato nel giubbotto antivento.

Senza pensieri, vuota e piena, felice e triste, ogni singola cosa ebbra anche del contrario, s'avvia alla macchina.
E' passata un'ora, per un'ora non ha potuto fare a meno di piangere. Ha preso la sua Nikon ed ha fotografato ogni dettaglio della camera.
Ora guida piano nel viale alberato. Si gira e saluta la villa con la testa.
Uno, due, tre chilometri lontana dal sogno. Uno -due - tre chilometri più vicina alla realtà.

In lontananza un lampo, un giro di luce azzurrognola uguale a se stesso.
Una volante della municipale di traverso blocca la carreggiata. Quattro auto davanti a lei.
Guarda lo specchietto retrovisore e si aggiusta il cuore.

Non pensa.
Non pensa.
Non pensa.
Alza il volume dello stereo.
"Desire...desire... desire..."
La vita è un rock duro.
La vita è una merda.
Non pensa.
Non pensa.
Non pensa.
Come un automa, apre la portiera.
Non aveva bisogno di pensare.
Non ha bisogno di lacrime.
A passo svelto supera le auto ferme.

Una
Due
Tre
Quattro

Il poliziotto le si para davanti.
Dalla sinistra convinzione che legge negli occhi di ghiaccio capisce che deva farla passare.
Non avrebbe potuto altrimenti.
Ancora una macchina, di traverso, proprio come la giornata, proprio come i raggi del sole che trafiggono sicuri la coltre passiva del bosco.
Sul ciglio una carcassa di moto, giù per il basso fossato un casco giallo.
Nella testa una canzone triste.
" E lui, dov'è?"
Una chiazza scura, due ali d'argento, un cinguettio lontano.

ARIA

Mi manca l'aria che respiravo attraverso di te.

Il nero della notte si disperde nei sentieri colorati d'argento.
Oltre l'oscuro, il mare partorisce un nuovo giorno ed ogni singolo filo di luce rosa mi ricorda quanto tu mi manchi.
Mi mancano quei baci piccoli di quando i corpi si uniscono: il sordo battito dei cuori diventati un solo respiro.

Mi manca il profumo dei freddi mattini d'inverno.

Mi mancano i tuoi occhi malandrini e quel tuo sguardo ebbro di desiderio.
Mi manca il brivido della tua pelle quando le mani mie gelate chiedono riparo.
Mi manca la dolce luna del tuo collo e quella bocca rossa d'amore che mi richiede.

Mi manchi come se fossi partita.
Come se m'avessi lasciato.
Come se non t'avessi mai conosciuta.
Mi manca la mano che mi tratteneva quando chiedevo di andare.
L'ultimo abbraccio che sempre ti negavo.

Mi manca l'aria che respiravo attraverso di te.