martedì 7 giugno 2011

Mercoledì, ore 15

Domani stacco prima. 
Il mio amico mi darà il cambio un paio d'ore prima.
Nessun sollievo però.
Parteciperò ad un funerale.

Qualche passo indietro.
Quando intrapresi questa pseudo avventura lavorativa lo stato d'animo rasentava momenti di euforia frammisti a tristezza assoluta.
Sapevo quel che lasciavo e nulla immaginavo di quel che andavo a prendere.
Colleghi turni impegni difficoltà situazioni: tutto diverso.
E poi, se io prendevo un posto, se io prendevo quel posto, qualcun altro lo stava perdendo.
******* non era propriamente mio amico ma era una buona conoscenza amichevole.
Quando ero pischello e facevo le notti capitava che mi desse il cambio con il suo faccione allegro e la sua favella perpetua.
Crescendo tutto è cambiato.
Non sto a dirvi perchè andò via: è un altro discorso.
Il fatto è che stamattina, mentre io lavoravo, mentre il mondo continuava la rutilante lotta all'inutile, tra le sue braccia, chiudendo gli occhi dolcemente, sorriso finalmente allegro tra le labbra, mentre io ero seduto sulla traballante sedia sulla quale anche lui poggiò le chiappe stanche, mentre mi dibattevo per il niente, a lui moriva il figlio.
Non oso immaginare la disperata sensazione di vuoto e cieco e furibondo dolore.
Non oso.
Anche perchè il punto ancora non è questo.
Dovete sapere che un altro collega- dove cazzo lavoro, penserete- un altro di noi tre, un altro uomo, mercoledì scorso si è tolto la vita.
Impiccato e penzolante dalla sbarra per i dorsali della sua camera.
Motivi? Si dicono futili.
Magari imponenti nella sua mente imponderabile.
Quello che voglio dire è questo: quel ragazzo voleva vivere ed ha resistito 14 anni, tra dure battaglie e sforzi immani. 
Tu, perchè cazzo lo hai fatto?

Scusate.

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