Cara Mamma,
oggi sono stato ad un funerale.
Non avevo mai visto una chiesa tanto brutta.
Un teatro di cemento riuscito male al quale si accede da un'entrata senza porta che pare annunci un garage basso.
Mi viene da chinare la testa mentre entro sotto braccio a Dolores.
Sedili di legno chiaro e consunto a semicerchio attorno ad un altare spoglio: un muretto quadro dipinto a mano da qualcuno che pensava di essere bravo e bravo non era.
Mura grossolane fredde e spoglie.
Panche disposte a caso.
Sopra l'altare una finestra profonda e rotonda rivolta a nord est.
Pure il sole che vi entra pare stonato.
Alle mie spalle tre grossi stupidi climatizzatori a chissà quante btu.
Un funerale a San Valentino?
Strano, ma credo che la morte e i commerciali riti successivi abbiano tempi obbligati che non fanno caso al calendario.
Scusa, ancora non ti ho detto di chi.
La mamma di Glauco, il mio amico e collega di lavoro.
Quello col pizzetto, quello buono, i capelli riccioli legati a cipolla sulla nuca, quello che ride sempre.
Non come me, si, lo so...
E non come oggi.
No, non la conoscevo. Mai vista proprio.
Ad una chiesa sì brutta sta un prete scorbutico e sbrigativo.
Giovanissimo, poi.
Capelli lunghi sulla nuca, frangetta, scarpe da ginnastica.
Nere ok, ma sempre da ginnastica.
Una faccia antipatica che appena dopo l'alzata generale comincia una personale polemica con i non cristiani che dubitano che oggi sia un natale piuttosto che un giorno triste.
Sarà, sarà miope o sarò miope io, ma vedo solo gente che piange.
A Natale.
Lui piangeva.
Suo fratello pure.
Le sorelle nere e dritte, stordite, intente a contraccambiare bacetti di rito.
Lo incontro sul piazzale.
Mi abbraccia e mi dice singhiozzando che adesso capisce meglio chi sono.
Lasciamo perdere.
Dicevo del prete.
Mi siedo e mi sento osservato.
Sta guardando proprio me. Mi predica contro.
Cazzo vuoi, sto per dirgli, ma i nasi che tirano su mi frenano. Fortunatamente.
Parla veloce, incazzato.
Legge rapido e sbrigativo, cammina ciabattando e sbatte gli strumenti dell'amore divino.
Di vino, meglio.
Sai a chi mi fa pensare?
Ricordi quel pretaccio dei tuoi racconti ?
Quello che ti inseguiva cercando di estirpare il diavolo di dosso solo perchè t'avevano beccato a fare un giro sulle prime bici del secondo dopo guerra.
Si, quello stronzo dei ceci sotto le ginocchia, quando rea di conoscere tutte le risposte non ti stancavi di alzare la mano.
E adesso, chi sa dirmi quale mare bagna la Sicilia?
Tuo padre era siciliano.
Quello che ti costringeva seduta a piangere i morti tra vecchie pedulanti.
Glauco è due file di panca sotto a me.
Ha parecchio da fare con gli occhiali.
Con le tasche, con le mani, con i lacci.
Guarda fisso dinanzi.
Guarda quel legno immobile e quei fiori osceni destinati al macero.
Il cretino ha finito la polemica.
Si passa al padrenostro, secco secco e allo scambio di strette di mani.
Poi decide che la messa è finita e congeda tutti. Se ne va e spegne la luce.
Nemmeno mezz'ora.
E' questo il momento che non riesco a togliermi dalle palle: tutti si alzano e la bara viene portata in quella orrenda stationwagon sproporzionata.
E' il momento del distacco definitivo.
Fino ad un secondo fa stava lì, si poteva raggiungere, aprire, vedere e ispezionare.
Pure piangerci ancora sopra. O tirargli i mazzi di fiori contro.
Quando entra in macchina finisce tutto.
Non riesco a spiegarlo ma è l'attimo clou: l'attimo definitivo.
Ed in quest'attimo, mentre tutto è immobile e mentre tutto mi gira al contempo attorno, mi si avvicina Lory.
Ho paura - mi fa - che prima o poi crolli. Lo vedi, ha una parola per tutti, è lui che tira su gli altri. Prima o poi crollerà.
Oppure no, le dico io. Può essere che non crolli mai e si seppellisca da solo, insieme a lei, marcendo da dentro, ma invisibile a tutti. O ai più.
Poi segue la folla e rimango col dubbio.
C'è il sole che pare primavera.
C'avesse ragione il pretucolo che davvero è un natale?
Ne dubito.
Una signora grida nonglielofacciamounapplausoallasignoraAnnacheeratantotantobuona? E mentre l'applauso cresce non spontaneo, piange forte.
La macchina si mette in moto. I fiori occupano gli spazi rimasti schiacciandosi tra vetro e legno.
Ricominciano le strette di mani, i bacetti, i saluti.
La gente si dirada rapidamente.
Pure io mi avvio che devo tornare al lavoro.
Dopo ti racconto al telefono, penso.
Prima di mangiare.
Cara Mamma, oggi sono stato ad un funerale. Di San Valentino, che strano.
Ma San Valentino è a Novembre?
Ps: Glà, ti vogliamo bene.
chissa' poi perche' sono anticlericale... bex
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