venerdì 28 agosto 2009


Ehi, tu che metti in moto la mini crema e parti lento guardandoti indietro un paio di volte...
Ehi, ti ricordi quella telefonata?
A casa, allora non c'erano cellulari. Era l'ora di cena e da pochi minuti avevamo smesso di raccontarci il nostro viaggio a Rio.
"Aò?"
"...ò"
Il nostro modo.
"Dice Ermanno che alla ********* cercano un portiere di notte..."
"Uhm...quanti turni?"

Cominciò così la nostra avventura parallela nel mondo del lavoro.
Feci un facile colloquio e cominciai a sentirmi, come te, il padrone del buio.
Furono tempi per nulla semplici: la mattina il corso per programmatore, il pomeriggio l'agente immobiliare e la notte davo le chiavi.Crescevo, insieme a te.
Quante risate al telefono tra una stampa e l'altra?
Quanti racconti di amori sfumati, donne deludenti e progetti fantasiosi?
Siamo cresciuti, sono passati quindici anni.

E adesso cosa ci fa quel completo grigio impiccato nella gruccia che ti porti via?
Che ti porta via.
Quando tornerai sarà per l'ultima volta.
Un nuovo progetto, tintinnii non consueti, voci differenti, settecento km di separazione.
E' la banale legge crudele della vita: tutto termina...

Mi pare ieri.
Ho talmente tante figure che mi s'incartocciano nella mente che faccio fatica ad elencare.
Siamo diventati uomini insieme percorrendo la stessa strada. Inciampando sovente, mani forti a sorreggerci l'un l'altro.

Buona fortuna amico mio.



Te lo scrivo perchè poi rimanga solo a te, e non te lo dirò a parole:
sono fiero ed orgoglioso che vai a dirigere a Cortina;
sono fiero di aver condiviso tutti questi anni di lavoro che ci hanno visto crescere a livello umano e non solo, abbiamo imparato assieme a fare un sacco di cose, abbiamo insieme distrutto l'impero di un despota idiota.
Sono orgoglioso davvero perchè so che una parte di me sarà con te a Cortina, una parte che esula dalle conoscenze lavorative e dalle capacità di manager, sarà una parte che ha a che fare con la libertà, con l'orgoglio e con la dignità.
Una parte di noi per la quale abbiamo lavorato e lavoreremo tutti i giorni della nostra vita.

domenica 23 agosto 2009

Devo


...devo fare qualcosa perchè smetta di pensarti
qualcosa che possa distrarmi
che riesca a fermarmi
perchè di notte dorma
perchè con la luce s'attenui il sogno
e si fermi la febbre.
Devo fare qualcosa per lavare il profumo
cancellare le tracce
ottenere la pace
ed il perdono.
Devo fare qualcosa per abbassare il volume della canzone che mi gira in testa
se non ci sei e ti cerco
come sempre
da sempre
quando non ci sei
e quando compari
Devo fare qualcosa perchè il cuore smetta di bussare
e la mente di reclamare
le tue mani
e la tua bocca
che sa di me
quando mi baci
mi sfiori e poi
scompari.

Devo fare qualcosa perchè tu smetta
di cercarmi
perchè tu sappia che non puoi avermi
perchè tu sappia che non puoi.

Perchè tu non sappia più
quanto io
continui a volerti.


mercoledì 19 agosto 2009

Lei, lei


Lei, Lei...
a volte non sa quello che dice.
Chiede quello che vorrebbe sentirsi dire.
S'incazza per quello che non sente.
Perchè cerca con gli occhi.
Rovista con gli sguardi.
Attende suoni.
Lei, Lei...
non sa fermare il tempo.

Il respiro è dentro di se.

martedì 11 agosto 2009

Nettuno

Ero lì proprio dove lei s'aspettava ch'io fossi.

Era stata una lunga e strana giornata di inizio
estate.
Guardato le ore scivolare lente come gocce di condensa, un rumore leggero e fastidioso a tener fresca la camicia.
Il cielo dei pensieri increspato di nubi, sereno per pochi momenti e poi buio come fosse notte.
Raccogliere forze necessarie era necessario.

Non ero pronto per dirle addio. Ma non lo sarei mai stato.
Scelse per me un luogo neutro, dove potessi guardare ciottoli e persone, strade e lampioni, mare e cielo senza dover per forza pensare che prima lo avessimo mai fatto insieme.
Pensarci non diminuiva il dolore.

Arrivai presto e presi a camminare senza meta.
Rovistai nel cestino delle possibilità ma quello
che ne ricavai fu solo carta straccia.
S'era deciso e l'abbraccio sarebbe stato l'ultimo.

Quando la vidi mi accorsi della vanità del tramonto sopra i suoi capelli.
Sembrava provenisse dal mare partorita dalla spuma, sembrava dipingere il cielo con movimenti liquidi delle mani.
Sembrava.
Era.
Affrettò gli ultimi passi e risolse l'imbarazzo in un singhiozzo che m'investi le guance e gli occhi. Ancorò la disperazione sul mio cuore spaccandolo.

Corresse il fiume del rimmel, mi porse un fazzoletto.
Il giorno calava veloce il sipario.

Ogni secondo perpetuava la litania dell'addio.
Poi mi abbracciò e spinse sulla bianca sabbia ancora ti
epida.
Le sue mani a cuscino, i baci a cullare l'altalena. Il vent
o a suonare musica.

Si mise in ginocchio, drizzò la schiena.

Guardami amore...
Vidi rapidi bottoncini perlati sparire dietro dita gentili.
Linee di cotone comparire e adagiarsi sul giubbino di jeans.
Capelli muoversi e occhi indicare.

Il mare ci accolse per l'ultima volta insieme.
Io sparii dentro di lei.
Mi disse ti amo un milione di volte ed io sospinto in lei dalla brezza di sale capii:
nessun'altra m'avrebbe mai potuto strappare il cuore in quella maniera.
Nessun altro mare.
Nettuno.
Era notte ormai.

domenica 9 agosto 2009

Spandau Ballet

Già in classe respiravo aria difficile, come l'amaro in bocca che ti riempie di schifo dopo il vomito.
Ma per fortuna alla quarta ora c'era educazione fisica.
E la partita a pallone, il massacro, tanto a poco per noi, ha spazzato via ogni dubbio: non ci vado.
Daniele mi fa l'occhietto mentre entra in macchina.
"Salve signora", saluto la mamma.
"Allora ci vediamo stasera..."
Faccio finita di niente, tanto cambio idea ogni tre quattro secondi.
Non sono fatto così, di solito. Ma stavolta mi fa male il cuore.
Lei, sono sicuro, ci spero tanto, mi guardava stamattina con gli occhi dolcissimi. Nascosta dietro al libro di latino.

Maglioncino celeste, jeans chiari, chiarissimi, è davanti a me di qualche passo. Sottobraccio a Stefano.
L'orda dei ragazzi in uscita si dilegua: automobili, motorini, bar, stazione, ognuno per la sua strada.
Noi dobbiamo girare adesso verso il cavalcavia ma Stefano tira dritto. E' assorto. Daje
che chiacchera.
Io giro, faccio finta di nulla allontanandomi una ventina di metri.
Finalmente se ne accorge.
"Aò, me puoi pure aspettà...", mi grida venendomi incontro e trascinando pure lei...
Mi fermo, non mi sposto di un millimetro.
"Ciao eh!!!", mi fa lei scoprendo i denti e imprudenza.
"Ciao Superiore, ciao. Ci vediamo lunedì. Io entro alla seconda." La guardo un attimo e poi mi rivolgo a Stefano. Scocciato, un atteggiamento ad arte. Un istante ancora ed il cuore si sarebbe sbriciolato tanto batte forte. D'istinto mi metto la mano lì dove il dolore è fitto fitto.
"Lascialo stare, è fatto così."
Si danno due bacetti per guancia ed ognuno a casa.

Alla fine ci vado.
Sono le otto quando finisco di phonarmi i capelli. Il Bomber è ancora sotto la doccia. Lo specchio completamente appannato, le scarpette buttate a terra, la borsa disfatta.
"Sicuro che non vuoi venire?", grido più forte per farmi sentire. Profumo di balsamo alla mela.
"No, no, non conosco nessuno..."
"A Warte, ma come non conosci nessuno, c'è tutta la squadra del torneo di calcetto di scuola...vabbè vabbè, ho capito!

Il problema è il cuore.
Impazzisce, batte forte forte forte, una danza maori nella cassa toracica.
Ed io smetto di parlare.
Mi chiudo, faccio il sostenuto.
Lei comunque, lo sa.
Però, non mi spiega.
Mi lascia sospeso in balia del vento e degli umori: i suoi.


Citofono.
Niente.
Citofono lasciando il dito premuto.
Niente.
Poi si apre il portone. Marito e moglie in capp
otto lungo e scuro. Fermo un'anta col piede.

Pensavo ci fosse più caos.
Susanna è la prima a venirmi incontro trascinandosi Stefano. "Ciao a biondo..."
Bacetto sulla guancia.
Stefano gongola.
Non dice nulla ma ride. Sapeva che sarei venuto.
Poi in rapida successione saluto Barbara, la padrona di casa, Daniele, Nando e tutti gli altri.
La cerco con gli occhi cautamente.
Appoggiandomi ad un bicchiere di coca ed una manciata di popcorn.
Un braccio sulla spalla. "Sta lì, sul divano."
E' la mia coscienza che parla? Sento le voci?
E' il bomber: "te pensavi che te lasciavo solo?!"

Potevamo prendere l'autobus insieme...

In successione mi godo- si fa per dire- Notorius e poi Vertigo. Non è il mio genere. Poi Strangelove dei DepecheMode. Sempre col braccio del Bomber che mi cinge le spalle.
Luci, pizzette rosse, musica, parole gridate, danze scatenate. Io sempre impalato.
Penso che potevo tranquillamente starmene a casa, che sono stanco, che non mi piace giocare al suo gioco, che soffro e che sono felice di farlo...
Lenta ed inesorabile Through the barricades invade il grande salone. Non so cosa voglia dire, ma la canzone m'affascina.
Via,via, scappa, mi dice una vicina vocina ululante tra ventricolo e ventricolo. Via, via, vattene prima che possa essere troppo tardi.
Lei si alza. Dal fondo scuro del destino.
Non la vedo distintamente.
E' una pazza.
La camicetta bianca svolazzante.
I capelli lunghi sulle spalle, gli occhi truccati, il sorriso convinto.
Traversa la stanza.
Non verrà mica da me?!

"Permetti, no? te lo rubo per qualche minuto..." , rivolta a Walter.
Paura.
Pensieri.
Dolore.
Che scompare insieme a tutto il resto quando lei mi prende la mano.
Balliamo lenti, io circospetto e vergognoso, rigido e tremante.
Lei mi stringe le mani al collo, calde e morbide.
Le cingo i fianchi impacciato.
Mi conduce in questo mare senza pensieri, in questo liquido di vita appena assaggiata che si perderà per sempre tra pochi secondi...

Father made my history
He fought for what he thought
Would set us somehow free
He tought me what to say in school
I learned off by heart
But now that’s torn in two

"Superiore, sei bella..."
Non sono io che parlo, sono sicuro che non sono io.
Alza gli occhi, laghetti alpini celesti nei quali affogo, abbassa lo sguardo, non dice nulla e mi stringe forte.
"Mauro?"
Me lo indica con lo sguardo, lì verso il divano.
La musica finisce, il gioco pure.
Saluto tutti.

Torniamo a piedi con le borse a tracolla, i piedi che reclamano il letto.
Il Bomber, faccia rotonda e capelli lunghi corvino che coprono gli occhi, si sfoga.
"Mò che te ce fidanzi, ce pensi ancora agli amici?", e ride forte, con la sua risata a volte sguaiata ma genuina.
Ciondola il capoccione come per dire che lo sa che non sono uno stronzo.
"La Superiore sta bene così."
Laconico.
Io non me lo spiego. Lui era seduto a cinque metri da noi che rideva e beveva sprite coi suoi amici. E lei che fa?! Viene ad invitare me a ballare. E balliamo al centro della sala e tutti a guardarci.
E' un pensiero che tengo per me ma evidentemente Walter lo capta e ci cavalca sopra.
"Certo che un pò strana è...l'amica tua."

M'addormento sulla sigla finale di Fantastico 7, chi è quella gran fica, la Martines?